Come immaginate che viaggino i fotoni.
A gran velocità in moto rettilineo schizzando in ogni direzione – penserete.
In gran parte è vero. Viaggiano alla velocità di circa 300 mila chilometri al secondo e nessun’altra particella li può superare.
In realtà nel 1992 un gruppo di ricercatori dell’Università di Leiden, nei Paesi Bassi, ha scoperto che i fotoni camminano avanzando ad elica. Strano ma vero.
Proprio così. I fotoni camminano avvolgendosi su sé stessi, ovvero il fronte d’onda luminoso si avvolge a spirale intorno alla direzione di propagazione dell’onda stessa.
Cosa vuol dire – mi domanda il mio cane (siamo entangled).
Vuol dire un mucchio di cose. Ora fai un attimino di attenzione che cerco di spiegare.
Sappiamo che la luce (fotone) si comporta contemporaneamente come onda e come particella priva di massa.
L’energia di una particella in movimento è data da:
E1 = pc + m0v2
(‘p’ è la quantità di moto, ‘c’ è la velocità della luce, ‘v’ la sua velocità, ‘m0’ è la massa a riposo)
Dal momento che la massa del fotone è nulla si ha:
E1 = pc
Ovvero la energia del fotone è pari alla sua quantità di moto aumentata della sua velocità.
Sappiamo anche che lo stato della materia a livello microscopico, ovvero delle particelle che compongono materia e luce: elettroni, protoni, neutroni e fotoni trasportano energia E attraverso un’onda elettromagnetica con frequenza costante ν.
Nel caso del fotone, essendo una particella a massa nulla, può assumere solo valori pari a:
E2 = nhv = nhc/λ
Dove
n =0,1,2,3 …. (per ora non serve capire cosa rappresentano)
h = costante di Planck
λ = lunghezza dell’onda.
(la costante di Planck è la più piccola quantità fisica pari a 6,626 x 10-34 J*s, e rappresenta il più piccolo “pacchetto” di energia con il quale viaggia il fotone in ragione della sua lunghezza d’onda)
Quindi:
E1 = E2
pc = nhc/λ
p = nh/λ
La quantità di moto di un fotone, in funzione della lunghezza d’onda è data anche dal rapporto tra la costante di Planck, la sua lunghezza d’onda e il suo numero quantico n.
Ora se si indica con Jz l’avvitamento del fotone su sé stesso (momento angolare nella sua direzione)
Dove h tagliata è la costante di Planck ridotta (h/2π) e J = 0, 1/2, 1, 3/2, ….
(tenete in mente i valori di J.)
Caro padrone – mi interrompe il mio cane – non ho capito nulla e forse nemmeno la casalinga di Verona.
Ok – rispondo – allora cerco di dirla con altre parole.
Una delle particolarità di questo momento angolare fotonico Jz è che il suo valore può assumere solo valori che sono multipli della cosiddetta costante di Planck ridotta. Finora, tutto faceva pensare che questi multipli fossero interi.
Uno studio ha portato un nuovo contributo alla comprensione dei fenomeni luminosi. E’ stato dimostrato che il momento angolare orbitale dei fotoni può assumere anche valori che sono multipli semi-interi della costante di Planck ridotta. In altre parole, i multipli possono essere: un mezzo, tre mezzi, cinque mezzi e così via.
Caro padrone, non ho capito niente lo stesso – mi ripete il mio amico fedele.
Uhm!
Si pensava che i fotoni nel camminare avanzando nella loro direzione di moto avvolgendosi a spirale su sé stessi trasportassero solo certi tipi di bagaglio a mano ben precisi (come sugli aerei).
Si è scoperto invece che i fotoni possono trasportare diversi tipi di bagaglio.
Va bene così?
Così va meglio, ma non ho capito a cosa potrebbe servire questa scoperta – mi dice il mio amico a quattro zampe.
Beh, intanto sappiamo qualcosa in più di come è composta la luce e come viaggia nello spazio, cosa che non avremmo mai saputo se qualcun altro non lo avesse fatto al nostro posto.
A noi comuni mortali potrebbe significare una scoperta di poco conto e di interesse solo fisico. Questo risultato invece potrebbe avere interessanti applicazioni tecnologiche nel campo delle telecomunicazioni, perché consentirebbe di ampliare la larghezza di banda dei cavi in fibra ottica.
Come? – mi domanda il mio curioso cane
Il diverso tipo di bagaglio trasportato dai fotoni potrebbe essere assimilato a informazioni trasportate.
Ed ecco l’idea.
Già nel corso degli anni novanta la rapida crescita delle comunicazioni via Internet sembrava mettere a rischio l’efficienza della Rete. Il problema venne risolto con la scoperta che era possibile inviare più flussi di dati sullo stesso cavo in fibra ottica semplicemente codificando ciascun flusso su una lunghezza d’onda diversa. In seguito, a questa soluzione si è aggiunta anche quella che permette di codificare e trasmettere informazioni sfruttando la polarizzazione della luce. Grazie a queste innovazioni, oggi una fibra ottica può trasportare 10.000 volte più informazioni rispetto alle prime fibre ottiche di trent’anni fa.
La nuova tecnica di codifica sviluppata dai ricercatori statunitensi sfrutta proprio questa proprietà dei fotoni conosciuta come momento angolare orbitale (OAM).
Il fascio di luce trasmesso attraverso la fibra ottica ha una distribuzione che ricorda un flash: è più intenso al centro e meno concentrato ai margini. Se però si fa passare la luce attraverso un ologramma, hanno osservato i ricercatori, è possibile obbligare i singoli fotoni a muoversi come se percorressero una traiettoria a elica. A differenti ologrammi corrispondono traiettorie elicoidali differenti. I fasci di luce che si avvitano in modo differente creano profili di trasmissione, o modi, della luce differenti, per esempio facendo sì che i singoli impulsi luminosi appaiano concentrati ai margini invece che al centro della fibra.
La possibilità di sfruttare questa ulteriore opzione di codifica era però ostacolata da fenomeni di interferenza che si verificano nelle fibre ottiche standard. Nel nuovo studio i ricercatori hanno mostrato che questi disturbi non si verificano se al posto delle fibre standard si usano fibre realizzate con l’aggiunta di una opportuna combinazione di additivi chimici disposti in diversi anelli concentrici. Questi additivi alterano la velocità della luce attraverso la fibra, creando percorsi separati per i fotoni che viaggiano nei differenti modi.
In una serie di esperimenti effettuati per testare il nuovo approccio, i ricercatori hanno sfruttato una fibra realizzata per poter trasmettere la luce secondo quattro modi differenti, riuscendo a inviare 1,6 terabit di dati al secondo – l’equivalente otto DVD Blu-ray ogni secondo.
Un normale DVD Blu-ray – aggiungo io per quelli che masticano poco di queste cose – riesce a contenere fino a 200 GB di dati, ovvero quasi 40 volte di più rispetto a un DVD Single Layer-Single Side (4,7 GB). Immaginiamo ora con 1,6 TB.
Ora – mi rivolgo al mio cane – sei convinto che da semplici scoperte possono nascere grandi applicazioni?
E tutti ne usufruiranno.
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Articolo interessante… Una piccola “curiosità”: Il record di trasmissione su fibra ottica a 1 terabit al secondo (su fibra standard) è italiano 😊
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Questo non lo sapevo, ottimo.
Grazie
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Un articoletto (non molto scientifico) sulla notizia: http://www.direttanews.it/2013/03/25/internet-superveloce-quasi-un-terabit-al-secondo-battuto-il-precedente-record/
Anche noi ricercatori italiani ogni tanto facciamo notizia 😄
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Molto interessante, grazie.
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Questo e’ niente. E’ tantissimo, ma ancora devono arrivare i computer quantistici, tremate gente 🙂
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Mi associo con Bleff anche io non ho capito niente… me lo rileggo domani mattina … magari poi arriva qualcosa nella mia testa… buona serata 😉
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Ciao Rebecca, come ho sempre detto, non importa che si capisca tutto, la sola lettura di questi articoli ci fa sempre più prendere consapevolezza di quanto è complicata la natura, e di quanto sia capace l’uomo di entrare nei suoi misteri.
La prossima settimana un altro …. più complicato 🙂
Buona giornata.
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ho riletto ancora tutto… ma non ci arrivo, ma come già detto tu non tutto possiamo comprendere, ma leggere apri il orizzonte 😉
Buona giornata anche a te 😉
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“ci fa sempre più prendere consapevolezza di quanto è complicata la natura, e di quanto sia capace l’uomo di entrare nei suoi misteri”.
L’uomo riesce a spulciare dentro le piu’ piccole particelle dell’universo. A tale proposito un poeta sardo scrisse queste parole: “cantu esti manna s’arte umana, chi puru dae sa natura furat sos misterios. Cantu este potente s’arte umana, chi in atomos dividet s’universu” (quanto e’ grande l’arte umana, che perfino dalla natura ruba i misteri. Quanto e’ potente l’arte umana, che in atomi divide l’universo” ). Ciao.
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Veramente interessante quanto scrivi e le applicazioni che vengono sfruttate dal trasporto dei fotoni. Un abbraccio
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Anche questo è il bello della ricerca scientifica, perchè poi l’utente finale non sa assolutamente nulla di quanti sforzi culturali e tecnici ci siano dietro a queste applicazioni pratiche, E forse non gli interessa nemmeno, ma questo lo avevamo già detto.
Un caro saluto..
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Ma sai che è vero. La scienza è talmente avanti rispetto alle conoscenze della popolazione che solo pochi possono apprezzare e comprenderne appieno gli utilizzi. Un abbraccio
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so solo che le fibre ottiche sono filamenti di vetro e altri componenti coperti da una guaina e vengono interrati. che durata possono avere? e a che distanza possono arrivare?chissà perchè mi fanno venire alla mente occhi che spiano in segreto ciao Silvano una carezza a Blef
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“chissà perché mi fanno venire alla mente occhi che spiano in segreto”. Gabriella, questo purtroppo accade, ed accadrà ancora di più con il potenziamento dei sistemi di trasmissione: stessa indole dell’uomo, maggiori strumenti a sua disposizione per applicarla. Ma c’è anche l’indole buona, ed e’ li’ che anche la tecnologia ci torna utile. Ciao 🙂
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